Focus/ Perverso a chi? L’esperto fa chiarezza

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Spesso usato in modo improprio, il termine perversione sessuale racchiude un ventaglio di comportamenti e fantasie accomunati dall’essere l’unico passaggio che permette a una persona di raggiungere il piacere. Le cause non sempre sono da ricercare in un trauma e queste patologie di possono combattere.

Le parafilie
Si chiamano parafilie, ma sono meglio conosciute come perversioni sessuali. Sono disturbi difficili da quantificare e apparentemente ne soffrono di più gli uomini rispetto alle donne. Ma come distinguere un comportamento patologico dalle fantasie e dai comportamenti piccanti, assolutamente normali e anzi auspicabili nella vita di coppia? Ne abbiamo parlato con un esperto.

I campanelli d’allarme
“Non c’è nulla di male a chiedere o assumere comportamenti particolari per raggiungere l’eccitazione, ovviamente d’accordo con il proprio partner – premette Davide Algeri, psicologo e psicoterapeuta breve della coppia di Milano – Sono due i campanelli d’allarme: quando un comportamento o una fantasia diventano esclusivi, cioè sono l’unico modo per raggiungere l’eccitazione, e quando l’altra persona non è consenziente”. Usare un feticcio come per esempio una scarpa, guardare un video hot o provare piacere nel ricevere o nell’infliggere sofferenza fisica o psicologica da soli non bastano quindi (e per fortuna!) a farci ricadere nel patologico. “Spesso inoltre la persona colpita da parafilia non ne è cosciente – aggiunge Algeri – Per lui o per lei il suo comportamento è assolutamente normale, non crea nessun conflitto interiore. Per questo spesso chi si rivolge a un esperto lo fa o attraverso il proprio partner, oppure, purtroppo, dopo che ha ricevuto una denuncia”.

Quali cause
“Spesso si pensa che dietro chi soffre di parafilie ci sia un trauma, ma non sempre è così”, chiarisce l’esperto. Se una persona ha sperimentato un’unica forma di piacere, per esempio, può essere portato a pensare che quella sia l’unica possibile, oppure se “fin da bambini hanno osservato un certo comportamento negli adulti che poi hanno replicato”. A volte, quindi, si tratta solo dell’assenza di alternative.

Come uscirne
“Chi soffre di parafilia vede l’altro come un mero oggetto del piacere – spiega lo psicoterapeuta – Non c’è un’interazione, un coinvolgimento emotivo, manca qualunque rapporto di empatia”. Ed è proprio sull’empatia che si può lavorare con chi ha questo genere di disturbi. “Il provare a mettersi nei panni dell’altro è un buon esercizio – afferma l’esperto – Spesso si tratta semplicemente di comportamenti che sono diventati abitudini e che sono difficili da sradicare”. Un altro modo per combattere questi disturbi è trovare soluzioni alternative in camera da letto, quindi mettere in pratica comportamenti che permettano di raggiungere il piacere abbandonando i propri feticci o comportamenti perversi. “È importante rompere gli schemi, trovare un’abitudine alternativa e puntare alla qualità più che alla quantità”, conclude lo psicologo.

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